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Il viaggio in Polonia delle quarte superiori, quest’anno un seminario di preparazione

Le quarte superiori, una trentina di ragazzi, sono partite l’8 aprile per visitare i luoghi simbolo della Shoah in Polonia: i campi di Auschwitz-Birkenau, il ghetto di Cracovia, la Varsavia ebraica. Un viaggio di quattro giorni, molto intenso, accompagnati dalle docenti Alessandra Minetola e Simona Patierno, da Rav Simantov e da un addetto alla sicurezza.

Il primo giorno ai campi
Il viaggio, che la Fondazione Scuola ha contribuito a sostenere perché di grande rilevanza educativa e identitaria per la formazione dei nostri ragazzi, ha preso il via da Cracovia, dove le classi sono atterrate con il volo da Milano. La prima giornata è stata dedicata alla visita di Auschwitz-Birkenau, in un percorso che ha portato gli studenti nei luoghi più significativi dei campi e infine al museo. Un’esperienza forte e di grande impatto emotivo che si è conclusa la sera con un momento di condivisione e riflessione comune.

Le città ebraiche
La mattina successiva è stata dedicata alla visita della Cracovia ebraica, con il ghetto e la sinagoga, per poi spostarsi verso il Castello del Wawel e il Museo Czartoryski, dove è esposta la Dama con l’ermellino di Leonardo. Nel pomeriggio il trasferimento in pullman a Varsavia, dove i ragazzi hanno trascorso l’ultima giornata visitando i luoghi del ghetto, incontrando rappresentanti della comunità ebraica locale e infine visitando il museo Polin dedicato alla storia degli ebrai polacchi. In serata, il volo di rientro a Milano.

La preparazione prima della partenza
«Quest’anno il viaggio è stato preceduto da un seminario organizzato da noi docenti e articolato in tre incontri» racconta l’insegnante di italiano Alessandra Minetola. «Ci eravamo resi conto, infatti, che i ragazzi arrivavano a questo viaggio non abbastanza preparati, e abbiamo deciso di approfondire il macro-tema della Shoah declinandolo in diversi aspetti».

Tre lezioni per sapere e capire
Il primo incontro ha fornito agli studenti il contesto storico sulla seconda guerra mondiale, con un focus sull’Italia dopo l’8 settembre 1943 e la presentazione della figura di Goti Bauer, sopravvisuta ad Auschwitz e testimone della Shoah italiana. Il secondo incontro è stato dedicato al dopo Shoah: la nascita dello Stato di Israele, il processo Eichmann, la risonanza mediatica che ha avuto e la letteratura che ne è derivata – prima fra tutte La banalità del male di Hannah Arendt. È stato affrontato il tema della pena di morte comminata ad Eichmann da Israele, unico caso nella storia dello Stato.Al terzo incontro ha preso parte Rosanna Bauer, figlia di Goti Bauer, che ha raccontato la testimonianza della mamma e cosa significa essere figlia di una sopravvissuta alla Shoah. I ragazzi hanno ascoltato in totale silenzio, colpiti dalla componente emotiva della narrazione. Bauer ha anche detto loro che quando sarebbero arrivati ad Auschwitz non avrebbero visto niente, ma che in realtà è un luogo pieno delle persone che ci sono state. Se le parole possono servire a qualcosa è proprio quello di ridare loro un volto, una voce, un ricordo. In quei luoghi alla fine ha vinto la vita, ha detto, perché di quelle persone serbiamo la memoria grazie alle testimonianze.

Il viaggio in Polonia delle quarte superiori, quest’anno un seminario di preparazione

Le quarte superiori, una trentina di ragazzi, sono partite l’8 aprile per visitare i luoghi simbolo della Shoah in Polonia: i campi di Auschwitz-Birkenau, il ghetto di Cracovia, la Varsavia ebraica. Un viaggio di quattro giorni, molto intenso, accompagnati dalle docenti Alessandra Minetola e Simona Patierno, da Rav Simantov e da un addetto alla sicurezza.

Il primo giorno ai campi
Il viaggio, che la Fondazione Scuola ha contribuito a sostenere perché di grande rilevanza educativa e identitaria per la formazione dei nostri ragazzi, ha preso il via da Cracovia, dove le classi sono atterrate con il volo da Milano. La prima giornata è stata dedicata alla visita di Auschwitz-Birkenau, in un percorso che ha portato gli studenti nei luoghi più significativi dei campi e infine al museo. Un’esperienza forte e di grande impatto emotivo che si è conclusa la sera con un momento di condivisione e riflessione comune.

Le città ebraiche
La mattina successiva è stata dedicata alla visita della Cracovia ebraica, con il ghetto e la sinagoga, per poi spostarsi verso il Castello del Wawel e il Museo Czartoryski, dove è esposta la Dama con l’ermellino di Leonardo. Nel pomeriggio il trasferimento in pullman a Varsavia, dove i ragazzi hanno trascorso l’ultima giornata visitando i luoghi del ghetto, incontrando rappresentanti della comunità ebraica locale e infine visitando il museo Polin dedicato alla storia degli ebrai polacchi. In serata, il volo di rientro a Milano.

La preparazione prima della partenza
«Quest’anno il viaggio è stato preceduto da un seminario organizzato da noi docenti e articolato in tre incontri» racconta l’insegnante di italiano Alessandra Minetola. «Ci eravamo resi conto, infatti, che i ragazzi arrivavano a questo viaggio non abbastanza preparati, e abbiamo deciso di approfondire il macro-tema della Shoah declinandolo in diversi aspetti».

Tre lezioni per sapere e capire
Il primo incontro ha fornito agli studenti il contesto storico sulla seconda guerra mondiale, con un focus sull’Italia dopo l’8 settembre 1943 e la presentazione della figura di Goti Bauer, sopravvisuta ad Auschwitz e testimone della Shoah italiana. Il secondo incontro è stato dedicato al dopo Shoah: la nascita dello Stato di Israele, il processo Eichmann, la risonanza mediatica che ha avuto e la letteratura che ne è derivata – prima fra tutte La banalità del male di Hannah Arendt. È stato affrontato il tema della pena di morte comminata ad Eichmann da Israele, unico caso nella storia dello Stato.Al terzo incontro ha preso parte Rosanna Bauer, figlia di Goti Bauer, che ha raccontato la testimonianza della mamma e cosa significa essere figlia di una sopravvissuta alla Shoah. I ragazzi hanno ascoltato in totale silenzio, colpiti dalla componente emotiva della narrazione. Bauer ha anche detto loro che quando sarebbero arrivati ad Auschwitz non avrebbero visto niente, ma che in realtà è un luogo pieno delle persone che ci sono state. Se le parole possono servire a qualcosa è proprio quello di ridare loro un volto, una voce, un ricordo. In quei luoghi alla fine ha vinto la vita, ha detto, perché di quelle persone serbiamo la memoria grazie alle testimonianze.