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Il disagio di bambini e ragazzi si affronta con la cultura del rispetto

Il progetto I RESPECT, che ha coinvolto gli studenti delle medie ed è ora in corso alle superiori, insegna loro a superare i disagi tipici dell’età rispettando gli altri e facendosi rispettare. Con il dialogo, la comunicazione e il gioco si rafforzano l’autostima dei più fragili e l’empatia dei più forti per trasformare le dinamiche personali e migliorare la coesione del gruppo-classe.

Insegnare il rispetto e l’empatia per gli altri, ma anche l’accettazione e l’affermazione positiva di sé, per aiutare i ragazzi a risolvere i disagi individuali e le criticità nelle dinamiche del gruppo-classe. Questi gli obiettivi del corso I RESPECT, condotto da Gabrielle Fellus e finanziato dalla Fondazione Scuola, che è ripartito alla Scuola Ebraica sull’onda dei risultati positivi della prima edizione, nel 2019. Conclusi gli incontri per la scuola media, da fine aprile sono coinvolte le classi delle superiori in un percorso con sessioni di teoria, momenti di confronto ed esercizi pratici.

L’autostima per imparare a reagire
Il corso si basa sull’omonimo metodo sviluppato da Gabrielle Fellus, insegnante della tecnica di difesa personale Krav Maga, per supportare minori con problemi di bullismo, dipendenze, e disturbi alimentari. Non è però un corso di autodifesa fisica, bensì un lavoro che porta i ragazzi fragili a migliorare la propria autostima, rendendoli quindi più sicuri e capaci di “difendersi” e di reagire verbalmente a situazioni di disagio o prevaricazione, e i ragazzi con comportamenti aggressivi a capire empaticamente la sofferenza dell’altro e a trasformare una leadership negativa in una positiva. «Il disagio dei ragazzi rimane spesso inespresso e non condiviso, e in questo modo si acuisce» spiega Fellus. «Le dinamiche all’interno di una classe possono essere molto faticose: gruppi che non si mescolano, ragazzi esclusi dai gruppi, ragazzi stigmatizzati o derisi, ragazzi che usano la propria forza e carisma per bullizzare i più fragili... Il corso insegna a rispettare gli altri e a farsi rispettare senza violenza, stimolando al dialogo, al racconto e all’ascolto del disagio, all’interazione positiva».

Riconoscere i comportamenti negativi
All’inizio del percorso è difficile fare parlare i ragazzi, dice Fellus, che rompe il ghiaccio spiegando cosa significa rispetto, raccontando casi di disagio, di aggressività e dipendenze per stimolare l’interesse e l’immedesimazione. Fellus conosce la realtà delle diverse classi, ma non parla mai a una persona specifica o di una persona specifica, perché in una classe non esistono né cattivi né vittime. «Gradualmente i ragazzi cominciano a esprimersi, ad aprire forme di relazione che avevano perso, a riconoscere di fronte agli altri i propri atteggiamenti negativi o la propria sofferenza, a scusarsi, a dire “mi hai fatto stare male” oppure “io valgo anche se non sono perfetto”, e lo fanno attraverso il dialogo, il gioco e gli esercizi proposti. Le interazioni diventano straordinarie, con momenti di grande calore, pianti liberatori e abbracci collettivi che segnano un processo di trasformazione personale e di gruppo».

Etichette che arrivano da fuori
Riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, da Regioni e Comuni, il metodo I RESPECT è stato adottato in centri specializzati, ospedali e istituti scolastici. E in una scuola atipica come la Scuola Ebraica, spiega Fellus, è particolarmente importante imparare a interagire con tutti e ad accettare chi arriva da fuori: «La socialità in ambito ebraico è più ampia, perché i ragazzi si frequentano anche al tempio, nei movimenti giovanili, nelle istituzioni comunitarie, tra famiglie, e qualche volta occorre demolire etichette e atteggiamenti che arrivano dall’esterno dell’ambito scolastico. Come ebrei, poi, siamo i primi a dover capire come si sente qualcuno che viene da fuori e quale peso hanno i pregiudizi: dobbiamo quindi insegnare ai nostri ragazzi a esercitare sempre i valori dell’accettazione e dell’accoglienza». «È poi davvero straordinario», conclude Fellus, «che la Fondazione Scuola, impegnata a rispondere alle tante esigenze della scuola, abbia la sensibilità di sostenere un progetto sociale di questo genere, comprendendo che la crescita positiva dei ragazzi passa anche per il loro stare meglio insieme, abbattendo i muri».

Il disagio di bambini e ragazzi si affronta con la cultura del rispetto

Il progetto I RESPECT, che ha coinvolto gli studenti delle medie ed è ora in corso alle superiori, insegna loro a superare i disagi tipici dell’età rispettando gli altri e facendosi rispettare. Con il dialogo, la comunicazione e il gioco si rafforzano l’autostima dei più fragili e l’empatia dei più forti per trasformare le dinamiche personali e migliorare la coesione del gruppo-classe.

Insegnare il rispetto e l’empatia per gli altri, ma anche l’accettazione e l’affermazione positiva di sé, per aiutare i ragazzi a risolvere i disagi individuali e le criticità nelle dinamiche del gruppo-classe. Questi gli obiettivi del corso I RESPECT, condotto da Gabrielle Fellus e finanziato dalla Fondazione Scuola, che è ripartito alla Scuola Ebraica sull’onda dei risultati positivi della prima edizione, nel 2019. Conclusi gli incontri per la scuola media, da fine aprile sono coinvolte le classi delle superiori in un percorso con sessioni di teoria, momenti di confronto ed esercizi pratici.

L’autostima per imparare a reagire
Il corso si basa sull’omonimo metodo sviluppato da Gabrielle Fellus, insegnante della tecnica di difesa personale Krav Maga, per supportare minori con problemi di bullismo, dipendenze, e disturbi alimentari. Non è però un corso di autodifesa fisica, bensì un lavoro che porta i ragazzi fragili a migliorare la propria autostima, rendendoli quindi più sicuri e capaci di “difendersi” e di reagire verbalmente a situazioni di disagio o prevaricazione, e i ragazzi con comportamenti aggressivi a capire empaticamente la sofferenza dell’altro e a trasformare una leadership negativa in una positiva. «Il disagio dei ragazzi rimane spesso inespresso e non condiviso, e in questo modo si acuisce» spiega Fellus. «Le dinamiche all’interno di una classe possono essere molto faticose: gruppi che non si mescolano, ragazzi esclusi dai gruppi, ragazzi stigmatizzati o derisi, ragazzi che usano la propria forza e carisma per bullizzare i più fragili... Il corso insegna a rispettare gli altri e a farsi rispettare senza violenza, stimolando al dialogo, al racconto e all’ascolto del disagio, all’interazione positiva».

Riconoscere i comportamenti negativi
All’inizio del percorso è difficile fare parlare i ragazzi, dice Fellus, che rompe il ghiaccio spiegando cosa significa rispetto, raccontando casi di disagio, di aggressività e dipendenze per stimolare l’interesse e l’immedesimazione. Fellus conosce la realtà delle diverse classi, ma non parla mai a una persona specifica o di una persona specifica, perché in una classe non esistono né cattivi né vittime. «Gradualmente i ragazzi cominciano a esprimersi, ad aprire forme di relazione che avevano perso, a riconoscere di fronte agli altri i propri atteggiamenti negativi o la propria sofferenza, a scusarsi, a dire “mi hai fatto stare male” oppure “io valgo anche se non sono perfetto”, e lo fanno attraverso il dialogo, il gioco e gli esercizi proposti. Le interazioni diventano straordinarie, con momenti di grande calore, pianti liberatori e abbracci collettivi che segnano un processo di trasformazione personale e di gruppo».

Etichette che arrivano da fuori
Riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, da Regioni e Comuni, il metodo I RESPECT è stato adottato in centri specializzati, ospedali e istituti scolastici. E in una scuola atipica come la Scuola Ebraica, spiega Fellus, è particolarmente importante imparare a interagire con tutti e ad accettare chi arriva da fuori: «La socialità in ambito ebraico è più ampia, perché i ragazzi si frequentano anche al tempio, nei movimenti giovanili, nelle istituzioni comunitarie, tra famiglie, e qualche volta occorre demolire etichette e atteggiamenti che arrivano dall’esterno dell’ambito scolastico. Come ebrei, poi, siamo i primi a dover capire come si sente qualcuno che viene da fuori e quale peso hanno i pregiudizi: dobbiamo quindi insegnare ai nostri ragazzi a esercitare sempre i valori dell’accettazione e dell’accoglienza». «È poi davvero straordinario», conclude Fellus, «che la Fondazione Scuola, impegnata a rispondere alle tante esigenze della scuola, abbia la sensibilità di sostenere un progetto sociale di questo genere, comprendendo che la crescita positiva dei ragazzi passa anche per il loro stare meglio insieme, abbattendo i muri».