News e Articoli / Contro le bufale vince il senso critico
Contro le bufale vince il senso critico.
Tante domande all'incontro con Claudio Michelizza organizzato dalla Fondazione Scuola Ebraica per un tema molto sentito dagli studenti.
Claudio Michelizza lo dice subito: non è questione di età o titolo di studio, una bufala prima o poi l'abbiamo condivisa tutti. C'è da fidarsi: di bufale se ne intende, è tra i più importanti debunker italiani e fondatore e amministratore di Bufale.net. Un sito con oltre 3 milioni di utenti che si affidano a lui per verificare una notizia.
Michelizza è l'ospite dell'incontro sulle Fake News organizzato il 28 ottobre dalla Fondazione Scuola Ebraica di Milano e nell'Aula Magna dell'istituto di via Sally Mayer si trova di fronte a una platea di almeno 200 ragazzi. Si capisce subito che saranno un pubblico molto partecipe dell'argomento e del resto l'incontro è stato organizzato apposta per loro.
Lo spiega Dalia Gubbay che annuncia a nome della Fondazione che a lui sarà dedicata anche una borsa di studio: “Le fake news sono sempre esistite, ma oggi la rete permette la loro diffusione in tempo reale e a esserne esposti sono soprattutto i ragazzi che passano molto tempo connessi e che hanno meno senso critico degli adulti. Per questo oggi parliamo di come riconoscere, evitare e smascherare le notizie false. A maggior ragione in questo contesto visto che l'ebraismo ne è sempre stata vittima”.
Michelizza conferma la storicità delle bufale aprendo la sua conferenza con esempi del passato e spiegando che il motivo per cui furono divulgate allora è lo stesso che spinge i bufalatori di oggi: denaro, notorietà e una particolare predisposizione dell'animo umano a causare danni. Michelizza racconta poi le fake news contemporanee, si va dal cane che con una palese fetta di prosciutto sugli occhi è fatto passare per vittima di un incidente, a Marina di Grosseto minacciata da uno sversamento di petrolio (ma la foto era di un banale lavoro sulla spiaggia) a improbabili fotomontaggi che ricevono migliaia di like.
Anche quando la bufala sembra un modo innocuo per divertirsi è sempre meglio stare attenti. Spiega Michelizza: “ogni condivisione aumenta il valore del media che l'ha messa in rete, oppure può creare un danno economico”. E i meme che ci fanno ridere tanto? Magari quelli che mostrano una situazione buffa tra i nostri amici? “Dovete sempre pensare che nella rete esiste il rischio che un’immagine esca fuori dal contesto in cui è stata condivisa e diventi un’altra cosa” mette in guardia il debunker.
Il problema che però sembra davvero caratterizzare la nostra società è l'analfabetismo funzionale: si condivide tutto, spesso senza leggere, e, peggio, senza capire che siamo responsabili di quell'azione. Michelizza invita a usare senso critico: una foto con una scritta non è una notizia. I giornali sono ancora la fonte più attendibile dove attingere le informazioni. E' vero a volte sbagliano anche loro, ma screditarli serve solo a far aumentare la gente che si documenta sui siti complottari. Eppure gli strumenti per verificare una notizia sono a disposizione di tutti: possiamo rintracciare la fonte del sito che l'ha pubblicata e possiamo vedere facilmente se una foto o un filmato, spacciati per un evento di cronaca contemporanea, sono magari stati già pubblicati anni fa in altri contesti.
Certo ci si può cadere tutti ed è vero che i ragazzi sono più esposti, ma anche vero che alcuni di loro capiscono, forse meglio degli adulti, i pericoli connessi proprio perchè passano più tempo in rete. E i ragazzi della scuola ebraica sembrano tra questi: fanno tante domande, chiedono soprattutto come evitare che le bufale diventino un cavallo di Troia per i loro smartphone. Parlano di messaggi ambigui sui social che temono essere la chiave per arrivare a carpire i loro dati personali. “Ogni programma che installiamo contiene una liberatoria sulla privacy, dovremmo avere la pazienza di leggere tutto” consiglia Michelizza.
Alla fine il vero segreto è: usare la testa e magari fare un passo indietro prima di cliccare condividi.
Una lezione che è decisamente per tutti.
PS c'è un piccolo giallo in questa conferenza: il manifesto che annunciava l'incontro dichiarava anche di contenere una bufala. Qualcuno l'ha trovata? Se è così scrivetecelo, vi promettiamo che non è un modo per acchiappare click.
Tante domande all'incontro con Claudio Michelizza organizzato dalla Fondazione Scuola Ebraica per un tema molto sentito dagli studenti.
Claudio Michelizza lo dice subito: non è questione di età o titolo di studio, una bufala prima o poi l'abbiamo condivisa tutti. C'è da fidarsi: di bufale se ne intende, è tra i più importanti debunker italiani e fondatore e amministratore di Bufale.net. Un sito con oltre 3 milioni di utenti che si affidano a lui per verificare una notizia.
Michelizza è l'ospite dell'incontro sulle Fake News organizzato il 28 ottobre dalla Fondazione Scuola Ebraica di Milano e nell'Aula Magna dell'istituto di via Sally Mayer si trova di fronte a una platea di almeno 200 ragazzi. Si capisce subito che saranno un pubblico molto partecipe dell'argomento e del resto l'incontro è stato organizzato apposta per loro.
Lo spiega Dalia Gubbay che annuncia a nome della Fondazione che a lui sarà dedicata anche una borsa di studio: “Le fake news sono sempre esistite, ma oggi la rete permette la loro diffusione in tempo reale e a esserne esposti sono soprattutto i ragazzi che passano molto tempo connessi e che hanno meno senso critico degli adulti. Per questo oggi parliamo di come riconoscere, evitare e smascherare le notizie false. A maggior ragione in questo contesto visto che l'ebraismo ne è sempre stata vittima”.
Michelizza conferma la storicità delle bufale aprendo la sua conferenza con esempi del passato e spiegando che il motivo per cui furono divulgate allora è lo stesso che spinge i bufalatori di oggi: denaro, notorietà e una particolare predisposizione dell'animo umano a causare danni. Michelizza racconta poi le fake news contemporanee, si va dal cane che con una palese fetta di prosciutto sugli occhi è fatto passare per vittima di un incidente, a Marina di Grosseto minacciata da uno sversamento di petrolio (ma la foto era di un banale lavoro sulla spiaggia) a improbabili fotomontaggi che ricevono migliaia di like.
Anche quando la bufala sembra un modo innocuo per divertirsi è sempre meglio stare attenti. Spiega Michelizza: “ogni condivisione aumenta il valore del media che l'ha messa in rete, oppure può creare un danno economico”. E i meme che ci fanno ridere tanto? Magari quelli che mostrano una situazione buffa tra i nostri amici? “Dovete sempre pensare che nella rete esiste il rischio che un’immagine esca fuori dal contesto in cui è stata condivisa e diventi un’altra cosa” mette in guardia il debunker.
Il problema che però sembra davvero caratterizzare la nostra società è l'analfabetismo funzionale: si condivide tutto, spesso senza leggere, e, peggio, senza capire che siamo responsabili di quell'azione. Michelizza invita a usare senso critico: una foto con una scritta non è una notizia. I giornali sono ancora la fonte più attendibile dove attingere le informazioni. E' vero a volte sbagliano anche loro, ma screditarli serve solo a far aumentare la gente che si documenta sui siti complottari. Eppure gli strumenti per verificare una notizia sono a disposizione di tutti: possiamo rintracciare la fonte del sito che l'ha pubblicata e possiamo vedere facilmente se una foto o un filmato, spacciati per un evento di cronaca contemporanea, sono magari stati già pubblicati anni fa in altri contesti.
Certo ci si può cadere tutti ed è vero che i ragazzi sono più esposti, ma anche vero che alcuni di loro capiscono, forse meglio degli adulti, i pericoli connessi proprio perchè passano più tempo in rete. E i ragazzi della scuola ebraica sembrano tra questi: fanno tante domande, chiedono soprattutto come evitare che le bufale diventino un cavallo di Troia per i loro smartphone. Parlano di messaggi ambigui sui social che temono essere la chiave per arrivare a carpire i loro dati personali. “Ogni programma che installiamo contiene una liberatoria sulla privacy, dovremmo avere la pazienza di leggere tutto” consiglia Michelizza.
Alla fine il vero segreto è: usare la testa e magari fare un passo indietro prima di cliccare condividi.
Una lezione che è decisamente per tutti.
PS c'è un piccolo giallo in questa conferenza: il manifesto che annunciava l'incontro dichiarava anche di contenere una bufala. Qualcuno l'ha trovata? Se è così scrivetecelo, vi promettiamo che non è un modo per acchiappare click.
Contro le bufale vince il senso critico.
Tante domande all'incontro con Claudio Michelizza organizzato dalla Fondazione Scuola Ebraica per un tema molto sentito dagli studenti.
Claudio Michelizza lo dice subito: non è questione di età o titolo di studio, una bufala prima o poi l'abbiamo condivisa tutti. C'è da fidarsi: di bufale se ne intende, è tra i più importanti debunker italiani e fondatore e amministratore di Bufale.net. Un sito con oltre 3 milioni di utenti che si affidano a lui per verificare una notizia.
Michelizza è l'ospite dell'incontro sulle Fake News organizzato il 28 ottobre dalla Fondazione Scuola Ebraica di Milano e nell'Aula Magna dell'istituto di via Sally Mayer si trova di fronte a una platea di almeno 200 ragazzi. Si capisce subito che saranno un pubblico molto partecipe dell'argomento e del resto l'incontro è stato organizzato apposta per loro.
Lo spiega Dalia Gubbay che annuncia a nome della Fondazione che a lui sarà dedicata anche una borsa di studio: “Le fake news sono sempre esistite, ma oggi la rete permette la loro diffusione in tempo reale e a esserne esposti sono soprattutto i ragazzi che passano molto tempo connessi e che hanno meno senso critico degli adulti. Per questo oggi parliamo di come riconoscere, evitare e smascherare le notizie false. A maggior ragione in questo contesto visto che l'ebraismo ne è sempre stata vittima”.
Michelizza conferma la storicità delle bufale aprendo la sua conferenza con esempi del passato e spiegando che il motivo per cui furono divulgate allora è lo stesso che spinge i bufalatori di oggi: denaro, notorietà e una particolare predisposizione dell'animo umano a causare danni. Michelizza racconta poi le fake news contemporanee, si va dal cane che con una palese fetta di prosciutto sugli occhi è fatto passare per vittima di un incidente, a Marina di Grosseto minacciata da uno sversamento di petrolio (ma la foto era di un banale lavoro sulla spiaggia) a improbabili fotomontaggi che ricevono migliaia di like.
Anche quando la bufala sembra un modo innocuo per divertirsi è sempre meglio stare attenti. Spiega Michelizza: “ogni condivisione aumenta il valore del media che l'ha messa in rete, oppure può creare un danno economico”. E i meme che ci fanno ridere tanto? Magari quelli che mostrano una situazione buffa tra i nostri amici? “Dovete sempre pensare che nella rete esiste il rischio che un’immagine esca fuori dal contesto in cui è stata condivisa e diventi un’altra cosa” mette in guardia il debunker.
Il problema che però sembra davvero caratterizzare la nostra società è l'analfabetismo funzionale: si condivide tutto, spesso senza leggere, e, peggio, senza capire che siamo responsabili di quell'azione. Michelizza invita a usare senso critico: una foto con una scritta non è una notizia. I giornali sono ancora la fonte più attendibile dove attingere le informazioni. E' vero a volte sbagliano anche loro, ma screditarli serve solo a far aumentare la gente che si documenta sui siti complottari. Eppure gli strumenti per verificare una notizia sono a disposizione di tutti: possiamo rintracciare la fonte del sito che l'ha pubblicata e possiamo vedere facilmente se una foto o un filmato, spacciati per un evento di cronaca contemporanea, sono magari stati già pubblicati anni fa in altri contesti.
Certo ci si può cadere tutti ed è vero che i ragazzi sono più esposti, ma anche vero che alcuni di loro capiscono, forse meglio degli adulti, i pericoli connessi proprio perchè passano più tempo in rete. E i ragazzi della scuola ebraica sembrano tra questi: fanno tante domande, chiedono soprattutto come evitare che le bufale diventino un cavallo di Troia per i loro smartphone. Parlano di messaggi ambigui sui social che temono essere la chiave per arrivare a carpire i loro dati personali. “Ogni programma che installiamo contiene una liberatoria sulla privacy, dovremmo avere la pazienza di leggere tutto” consiglia Michelizza.
Alla fine il vero segreto è: usare la testa e magari fare un passo indietro prima di cliccare condividi.
Una lezione che è decisamente per tutti.
PS c'è un piccolo giallo in questa conferenza: il manifesto che annunciava l'incontro dichiarava anche di contenere una bufala. Qualcuno l'ha trovata? Se è così scrivetecelo, vi promettiamo che non è un modo per acchiappare click.
Tante domande all'incontro con Claudio Michelizza organizzato dalla Fondazione Scuola Ebraica per un tema molto sentito dagli studenti.
Claudio Michelizza lo dice subito: non è questione di età o titolo di studio, una bufala prima o poi l'abbiamo condivisa tutti. C'è da fidarsi: di bufale se ne intende, è tra i più importanti debunker italiani e fondatore e amministratore di Bufale.net. Un sito con oltre 3 milioni di utenti che si affidano a lui per verificare una notizia.
Michelizza è l'ospite dell'incontro sulle Fake News organizzato il 28 ottobre dalla Fondazione Scuola Ebraica di Milano e nell'Aula Magna dell'istituto di via Sally Mayer si trova di fronte a una platea di almeno 200 ragazzi. Si capisce subito che saranno un pubblico molto partecipe dell'argomento e del resto l'incontro è stato organizzato apposta per loro.
Lo spiega Dalia Gubbay che annuncia a nome della Fondazione che a lui sarà dedicata anche una borsa di studio: “Le fake news sono sempre esistite, ma oggi la rete permette la loro diffusione in tempo reale e a esserne esposti sono soprattutto i ragazzi che passano molto tempo connessi e che hanno meno senso critico degli adulti. Per questo oggi parliamo di come riconoscere, evitare e smascherare le notizie false. A maggior ragione in questo contesto visto che l'ebraismo ne è sempre stata vittima”.
Michelizza conferma la storicità delle bufale aprendo la sua conferenza con esempi del passato e spiegando che il motivo per cui furono divulgate allora è lo stesso che spinge i bufalatori di oggi: denaro, notorietà e una particolare predisposizione dell'animo umano a causare danni. Michelizza racconta poi le fake news contemporanee, si va dal cane che con una palese fetta di prosciutto sugli occhi è fatto passare per vittima di un incidente, a Marina di Grosseto minacciata da uno sversamento di petrolio (ma la foto era di un banale lavoro sulla spiaggia) a improbabili fotomontaggi che ricevono migliaia di like.
Anche quando la bufala sembra un modo innocuo per divertirsi è sempre meglio stare attenti. Spiega Michelizza: “ogni condivisione aumenta il valore del media che l'ha messa in rete, oppure può creare un danno economico”. E i meme che ci fanno ridere tanto? Magari quelli che mostrano una situazione buffa tra i nostri amici? “Dovete sempre pensare che nella rete esiste il rischio che un’immagine esca fuori dal contesto in cui è stata condivisa e diventi un’altra cosa” mette in guardia il debunker.
Il problema che però sembra davvero caratterizzare la nostra società è l'analfabetismo funzionale: si condivide tutto, spesso senza leggere, e, peggio, senza capire che siamo responsabili di quell'azione. Michelizza invita a usare senso critico: una foto con una scritta non è una notizia. I giornali sono ancora la fonte più attendibile dove attingere le informazioni. E' vero a volte sbagliano anche loro, ma screditarli serve solo a far aumentare la gente che si documenta sui siti complottari. Eppure gli strumenti per verificare una notizia sono a disposizione di tutti: possiamo rintracciare la fonte del sito che l'ha pubblicata e possiamo vedere facilmente se una foto o un filmato, spacciati per un evento di cronaca contemporanea, sono magari stati già pubblicati anni fa in altri contesti.
Certo ci si può cadere tutti ed è vero che i ragazzi sono più esposti, ma anche vero che alcuni di loro capiscono, forse meglio degli adulti, i pericoli connessi proprio perchè passano più tempo in rete. E i ragazzi della scuola ebraica sembrano tra questi: fanno tante domande, chiedono soprattutto come evitare che le bufale diventino un cavallo di Troia per i loro smartphone. Parlano di messaggi ambigui sui social che temono essere la chiave per arrivare a carpire i loro dati personali. “Ogni programma che installiamo contiene una liberatoria sulla privacy, dovremmo avere la pazienza di leggere tutto” consiglia Michelizza.
Alla fine il vero segreto è: usare la testa e magari fare un passo indietro prima di cliccare condividi.
Una lezione che è decisamente per tutti.
PS c'è un piccolo giallo in questa conferenza: il manifesto che annunciava l'incontro dichiarava anche di contenere una bufala. Qualcuno l'ha trovata? Se è così scrivetecelo, vi promettiamo che non è un modo per acchiappare click.