News e Articoli / Non parliamo di cibo, parliamo di te

 Alla scuola ebraica di milano “Non parliamo di cibo parliamo di te” 


Terzo appuntamento con il ciclo di incontri organizzato dalla Fondazione Scuola nell’ambito dell’èventennale e dedicati ai problemi dei ragazzi.

I disturbi alimentari sono stati il tema del terzo appuntamento organizzato dalla Fondazione Scuola mercoledì 14 marzo. L’incontro era inserito in un programma creato appositamente in occasione delle celebrazioni dei 20 anni della Fondazione, costituito da un ciclo di incontri con esperti dedicati alle problematiche più frequenti di giovani e adolescenti. Protagonista della serata la Dott.sa Roberta Traversa, psicologa e insegnante; accanto a lei Michela Proietti, opinionista del Corriere della Sera e Agostino Miele preside dell’Istituto.

I disturbi alimentari sono un’epidemia sociale – esordisce Michela Proietti presentando l'argomento - si manifestano intorno ai 15 anni, ma i primi sintomi si possono riscontrare a 9 anni; le donne sono la maggioranza schiacciante con il 96%, anche se la percentuale maschile sta crescendo. E' un tema difficile che si confronta con l’immagine della bellezza contemporanea e i modelli fuorvianti che la società propone a una giovane ragazza che sta crescendo”.

Il titolo della relazione della dott.sa Traversa “Non parliamo di cibo, parliamo di te” introduce però altre tematiche alla radice del problema. “Il disturbo alimentare non nasce da un problema con il cibo, nasce dalla mancanza di autostima e dalla mancanza di comunicazione con gli altri. Dal punto di vista psicologico assumere cibi compulsivamente, come fa chi soffre di binge eating, significa riempire un contenitore che si sente vuoto, occupandolo con il proprio spazio fisico. Ma anche l'anoressia è un atto implicito di richiesta di attenzione e di rivendicazione della propria identità. La differenza tra una ragazza normale e una anoressica di fronte a una dieta è che la normale prima o poi la interrompe, la seconda continua anche quando ha raggiunto il peso forma, perché la possibilità di poter dire di no sul cibo è un modo per affermare il diritto a decidere sul proprio corpo. Così quello che inizia come un normale percorso salutistico si protrae per un periodo infinito e sconfina nel patologico. Un paradosso in una società in cui tutti cucinano e tutti sono a dieta”.

 Alla scuola ebraica di milano “Non parliamo di cibo parliamo di te” 


Terzo appuntamento con il ciclo di incontri organizzato dalla Fondazione Scuola nell’ambito dell’èventennale e dedicati ai problemi dei ragazzi.

I disturbi alimentari sono stati il tema del terzo appuntamento organizzato dalla Fondazione Scuola mercoledì 14 marzo. L’incontro era inserito in un programma creato appositamente in occasione delle celebrazioni dei 20 anni della Fondazione, costituito da un ciclo di incontri con esperti dedicati alle problematiche più frequenti di giovani e adolescenti. Protagonista della serata la Dott.sa Roberta Traversa, psicologa e insegnante; accanto a lei Michela Proietti, opinionista del Corriere della Sera e Agostino Miele preside dell’Istituto.

I disturbi alimentari sono un’epidemia sociale – esordisce Michela Proietti presentando l'argomento - si manifestano intorno ai 15 anni, ma i primi sintomi si possono riscontrare a 9 anni; le donne sono la maggioranza schiacciante con il 96%, anche se la percentuale maschile sta crescendo. E' un tema difficile che si confronta con l’immagine della bellezza contemporanea e i modelli fuorvianti che la società propone a una giovane ragazza che sta crescendo”.

Il titolo della relazione della dott.sa Traversa “Non parliamo di cibo, parliamo di te” introduce però altre tematiche alla radice del problema. “Il disturbo alimentare non nasce da un problema con il cibo, nasce dalla mancanza di autostima e dalla mancanza di comunicazione con gli altri. Dal punto di vista psicologico assumere cibi compulsivamente, come fa chi soffre di binge eating, significa riempire un contenitore che si sente vuoto, occupandolo con il proprio spazio fisico. Ma anche l'anoressia è un atto implicito di richiesta di attenzione e di rivendicazione della propria identità. La differenza tra una ragazza normale e una anoressica di fronte a una dieta è che la normale prima o poi la interrompe, la seconda continua anche quando ha raggiunto il peso forma, perché la possibilità di poter dire di no sul cibo è un modo per affermare il diritto a decidere sul proprio corpo. Così quello che inizia come un normale percorso salutistico si protrae per un periodo infinito e sconfina nel patologico. Un paradosso in una società in cui tutti cucinano e tutti sono a dieta”.