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Lotta al bullismo: la difesa comincia dall’autostima

Intervista a Gabrielle Fellus, che attraverso il Krav Maga insegna il rispetto ai ragazzi e che presto vedremo alla Scuola Ebraica di Milano con il programma I RESPECT.

Imparare una tecnica di autodifesa contro il bullismo non per prevaricare fisicamente l’aggressore, ma per imparare a credere in se stessi. È quanto fa da 16 anni Gabrielle Fellus, un passato da imprenditrice nel campo della moda fino a quando non scopre il Krav Maga, un sistema di autodifesa nato in Israele. La sua vita cambia, si rafforza e non solo nel tono muscolare. Capisce che la fiducia ritrovata con questa disciplina può essere trasmessa a chi ne ha più bisogno e nasce così un programma contro il bullismo riconosciuto dal MIUR.

Nel 2014 in collaborazione con la Casa Pediatrica del Fatebenefratelli ideata e diretta dal professor Luca Bernardo lavora con i ragazzi che imparano a difendersi dalle discriminazioni. I risultati sono straordinari: “Abbiamo dei riscontri tecnico-scientifici accertati su più di venti ragazzi che sono usciti da questo percorso ritrovando il sorriso” conferma il professor Bernardo. 

Ora questo progetto con il titolo I RESPECT entra alla Scuola Ebraica di Milano grazie alla generosità di Dalia Gubbay che ha raccolto i fondi destinati a far partire l’iniziativa invitando i suoi amici a donare alla Fondazione Scuola in occasione del suo compleanno. 

Abbiamo intervistato Gabrielle per capire come lavorerà con i ragazzi di via Sally Mayer. 
«Non si tratta tanto di imparare tecniche di combattimento, quanto di mettere in sintonia mente e corpo cambiando il nostro atteggiamento nei confronti di un attacco, che può essere anche verbale. Facciamo molte simulazioni in cui chiedo ai ragazzi di prendermi in giro per i miei difetti e rispondendo a tono faccio capire loro che ciò per cui deridono in realtà mi rende unica. È come un gioco e si finisce per ridere insieme, ma la risata è un valore importante, la vittima di bullismo non ride ha solo paura: delle aggressioni, di andare a scuola, di confidarsi in casa». 

Molte arti marziali insegnano l’autodifesa perché, proprio il Krav Maga?
«Perché è un sistema etico e facile da imparare: si basa sul nostro istinto di sopravvivenza. Se vedo arrivare un pugno mi sposto di lato, se mi spingi indietreggio per assorbire il colpo. Si tratta solo di gestire queste situazioni sotto stress, sfruttando l’adrenalina a proprio vantaggio; si possono ottenere risultati incredibili, ho visto ragazze difendersi da uomini grandi il doppio di loro sfruttando solo la forza dell’avversario ».

Ora il corso arriva ai ragazzi di una scuola ebraica, crede che riscontrerà qualche differenza?  «Il bullismo si può diffondere in qualsiasi ambiente, ma questi ragazzi studiano più dei coetanei la storia della Shoà e questo dovrebbe renderli più sensibili ai pericoli prevaricazione».

Il suo corso non è solo per le vittime però…
«Forse il risultato che dà maggiori soddisfazione è proprio vedere il cambiamento che fanno i “bulli”. Noi lavoriamo insieme a tutta la classe e alla fine quello che si impara è il reciproco rispetto: i bulli incanalano la loro energia in qualcosa di costruttivo e alla fine il divario tra potenziali vittime e aggressori si azzera. Tutti cooperano e ridono insieme. E’ bellissimo, non solo perché avremo bambini felici, ma anche perché fermare un bullo a scuola oggi significa fermare un uomo violento di domani». 

Alberto Angelino
Lotta al bullismo: la difesa comincia dall’autostima

Intervista a Gabrielle Fellus, che attraverso il Krav Maga insegna il rispetto ai ragazzi e che presto vedremo alla Scuola Ebraica di Milano con il programma I RESPECT.

Imparare una tecnica di autodifesa contro il bullismo non per prevaricare fisicamente l’aggressore, ma per imparare a credere in se stessi. È quanto fa da 16 anni Gabrielle Fellus, un passato da imprenditrice nel campo della moda fino a quando non scopre il Krav Maga, un sistema di autodifesa nato in Israele. La sua vita cambia, si rafforza e non solo nel tono muscolare. Capisce che la fiducia ritrovata con questa disciplina può essere trasmessa a chi ne ha più bisogno e nasce così un programma contro il bullismo riconosciuto dal MIUR.

Nel 2014 in collaborazione con la Casa Pediatrica del Fatebenefratelli ideata e diretta dal professor Luca Bernardo lavora con i ragazzi che imparano a difendersi dalle discriminazioni. I risultati sono straordinari: “Abbiamo dei riscontri tecnico-scientifici accertati su più di venti ragazzi che sono usciti da questo percorso ritrovando il sorriso” conferma il professor Bernardo. 

Ora questo progetto con il titolo I RESPECT entra alla Scuola Ebraica di Milano grazie alla generosità di Dalia Gubbay che ha raccolto i fondi destinati a far partire l’iniziativa invitando i suoi amici a donare alla Fondazione Scuola in occasione del suo compleanno. 

Abbiamo intervistato Gabrielle per capire come lavorerà con i ragazzi di via Sally Mayer. 
«Non si tratta tanto di imparare tecniche di combattimento, quanto di mettere in sintonia mente e corpo cambiando il nostro atteggiamento nei confronti di un attacco, che può essere anche verbale. Facciamo molte simulazioni in cui chiedo ai ragazzi di prendermi in giro per i miei difetti e rispondendo a tono faccio capire loro che ciò per cui deridono in realtà mi rende unica. È come un gioco e si finisce per ridere insieme, ma la risata è un valore importante, la vittima di bullismo non ride ha solo paura: delle aggressioni, di andare a scuola, di confidarsi in casa». 

Molte arti marziali insegnano l’autodifesa perché, proprio il Krav Maga?
«Perché è un sistema etico e facile da imparare: si basa sul nostro istinto di sopravvivenza. Se vedo arrivare un pugno mi sposto di lato, se mi spingi indietreggio per assorbire il colpo. Si tratta solo di gestire queste situazioni sotto stress, sfruttando l’adrenalina a proprio vantaggio; si possono ottenere risultati incredibili, ho visto ragazze difendersi da uomini grandi il doppio di loro sfruttando solo la forza dell’avversario ».

Ora il corso arriva ai ragazzi di una scuola ebraica, crede che riscontrerà qualche differenza?  «Il bullismo si può diffondere in qualsiasi ambiente, ma questi ragazzi studiano più dei coetanei la storia della Shoà e questo dovrebbe renderli più sensibili ai pericoli prevaricazione».

Il suo corso non è solo per le vittime però…
«Forse il risultato che dà maggiori soddisfazione è proprio vedere il cambiamento che fanno i “bulli”. Noi lavoriamo insieme a tutta la classe e alla fine quello che si impara è il reciproco rispetto: i bulli incanalano la loro energia in qualcosa di costruttivo e alla fine il divario tra potenziali vittime e aggressori si azzera. Tutti cooperano e ridono insieme. E’ bellissimo, non solo perché avremo bambini felici, ma anche perché fermare un bullo a scuola oggi significa fermare un uomo violento di domani». 

Alberto Angelino