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Insegnare ad insegnare la Shoah, grazie anche allo YAD VASHEM

Daniela Dana Tedeschi, vicepresidente di Figli della Shoah, racconta l’impegno dell’Associazione per formare gli insegnanti chiamati a raccontare ai giovani questa immane catastrofe del ‘900

Un seminario di formazione sull’insegnamento della Shoah nel luogo simbolo di questa: lo Yad Vashem di Gerusalemme. È quanto ha organizzato l’Associazione Figli della Shoah, grazie anche al sostegno della Fondazione Scuola, dando a quattro insegnanti della Scuola Ebraica di via Sally Mayer la possibilità di vivere un percorso che avrà risultati importanti sui loro allievi. A raccontarci del progetto è Daniela Dana Tedeschi, vicepresidente di Figli della Shoah, Associazione presieduta da Lilliana Segre che organizza attraverso collaborazioni con i maggiori istituti storici e di ricerca nazionali e internazionali, incontri con i Testimoni, mostre itineranti, seminari di aggiornamento per docenti, dibattiti e visite guidate dedicate alle scolaresche presso il Memoriale della Shoah di Milano. Questo progetto trova la sua forza di propagazione negli insegnanti di tutti i gradi di istruzione e diventa ancora più peculiare quando è rivolto allo stesso mondo ebraico, dove la sensibilità alla Shoah diventa qualcosa che spesso riguarda la propria famiglia e il proprio ruolo nella società.

Come è nata l’idea del progetto?
Già dalla nascita dell’Associazione Figli della Shoah nel 1998 ci siamo resi conto che un rigoroso percorso didattico sul tema doveva prevedere anche una formazione per gli insegnanti attuata in collaborazione con i grandi centri di ricerca internazionali, come lo Yad Vashem. Parlare di Shoah è una grande responsabilità, un compito impegnativo, e richiede una preparazione specifica. E questo vale non solo per i docenti, ma anche per gli operatori e le guide dei musei ebraici o dei memoriali della Shoah, come quello di Milano e Roma.

Spiegare la Shoah ai ragazzi delle scuole ebraiche però, è diverso?
Certo, questi ragazzi vengono da famiglie che in molti casi hanno vissuto direttamente le persecuzioni e sono quindi più sensibili dei loro coetanei non ebrei all’argomento. Oltre a un rigoroso studio dei fatti storici, è importante enfatizzare come spesso l’attaccamento alle tradizioni ha dato agli ebrei la forza per continuare a vivere. Così come raccontare come la determinazione nel continuare a formare i giovani - un aspetto fondamentale della nostra cultura – è continuata anche nelle condizioni più disperate ed è stata anche la nostra ancora di salvezza, una resilienza, che ci ha permesso di ricominciare a vivere, di far rinascere le comunità ebraiche in Italia dopo la guerra e anche a creare lo stato di Israele.

Che sostegni avete trovato nella parte del progetto rivolta alla scuola ebraica?
Il progetto, che rientra nell’ambito di un più ampio protocollo d’intesa tra l’Associazione Figli della Shoah e l’Istituto Yad Vashem di Gerusalemme, ha coinvolto tutte le scuole ebraiche d’Italia e i più importanti centri museali ebraici. L’iniziativa, cui hanno aderito 24 insegnanti ed educatori, ha avuto il patrocinio ed il contributo dell’Ucei. La Comunità Ebraica di Milano ha aderito con molto entusiasmo e il nostro più grande ringraziamento va alla Fondazione Scuola che si è immediatamente attivata per trovare le risorse e ha permesso a quattro insegnanti della scuola Ebraica di Milano di diverse materie e grado di insegnamento di partecipare al corso: Alisa Luzzatto, Elisabetta Nolli, Martina degli Agosti e Raffaella Scardi.

Il rapporto con le giovani generazioni sui temi della Shoah sta cambiando in questi anni?
In realtà i ragazzi si dimostrano sempre estremamente ricettivi: ebrei e non ebrei, i giovani ascoltano con estrema partecipazione i Testimoni della Shoah. Ne colgono la loro forza d’animo e il loro messaggio educativo nel contribuire a costruire una società migliore. La collaborazione con lo Yad Vashem è fondamentale per portare esempi positivi: i giusti sono alla base di una società giusta, dove le persone compiono la scelta di salvare altre persone perché il mondo sia migliore.

Ripeterete l’esperienza?
Certo e ci auguriamo di farlo sempre con il sostegno della Fondazione! Anzi il progetto è di continuare nei prossimi anni a proporre corsi estivi a Yad Vashem ampliando il progetto con un corsi di secondo livello per gli insegnanti che abbiamo già formato negli anni precedenti visitando e studiando nei luoghi della Shoah in Europa.
Insegnare ad insegnare la Shoah, grazie anche allo YAD VASHEM

Daniela Dana Tedeschi, vicepresidente di Figli della Shoah, racconta l’impegno dell’Associazione per formare gli insegnanti chiamati a raccontare ai giovani questa immane catastrofe del ‘900

Un seminario di formazione sull’insegnamento della Shoah nel luogo simbolo di questa: lo Yad Vashem di Gerusalemme. È quanto ha organizzato l’Associazione Figli della Shoah, grazie anche al sostegno della Fondazione Scuola, dando a quattro insegnanti della Scuola Ebraica di via Sally Mayer la possibilità di vivere un percorso che avrà risultati importanti sui loro allievi. A raccontarci del progetto è Daniela Dana Tedeschi, vicepresidente di Figli della Shoah, Associazione presieduta da Lilliana Segre che organizza attraverso collaborazioni con i maggiori istituti storici e di ricerca nazionali e internazionali, incontri con i Testimoni, mostre itineranti, seminari di aggiornamento per docenti, dibattiti e visite guidate dedicate alle scolaresche presso il Memoriale della Shoah di Milano. Questo progetto trova la sua forza di propagazione negli insegnanti di tutti i gradi di istruzione e diventa ancora più peculiare quando è rivolto allo stesso mondo ebraico, dove la sensibilità alla Shoah diventa qualcosa che spesso riguarda la propria famiglia e il proprio ruolo nella società.

Come è nata l’idea del progetto?
Già dalla nascita dell’Associazione Figli della Shoah nel 1998 ci siamo resi conto che un rigoroso percorso didattico sul tema doveva prevedere anche una formazione per gli insegnanti attuata in collaborazione con i grandi centri di ricerca internazionali, come lo Yad Vashem. Parlare di Shoah è una grande responsabilità, un compito impegnativo, e richiede una preparazione specifica. E questo vale non solo per i docenti, ma anche per gli operatori e le guide dei musei ebraici o dei memoriali della Shoah, come quello di Milano e Roma.

Spiegare la Shoah ai ragazzi delle scuole ebraiche però, è diverso?
Certo, questi ragazzi vengono da famiglie che in molti casi hanno vissuto direttamente le persecuzioni e sono quindi più sensibili dei loro coetanei non ebrei all’argomento. Oltre a un rigoroso studio dei fatti storici, è importante enfatizzare come spesso l’attaccamento alle tradizioni ha dato agli ebrei la forza per continuare a vivere. Così come raccontare come la determinazione nel continuare a formare i giovani - un aspetto fondamentale della nostra cultura – è continuata anche nelle condizioni più disperate ed è stata anche la nostra ancora di salvezza, una resilienza, che ci ha permesso di ricominciare a vivere, di far rinascere le comunità ebraiche in Italia dopo la guerra e anche a creare lo stato di Israele.

Che sostegni avete trovato nella parte del progetto rivolta alla scuola ebraica?
Il progetto, che rientra nell’ambito di un più ampio protocollo d’intesa tra l’Associazione Figli della Shoah e l’Istituto Yad Vashem di Gerusalemme, ha coinvolto tutte le scuole ebraiche d’Italia e i più importanti centri museali ebraici. L’iniziativa, cui hanno aderito 24 insegnanti ed educatori, ha avuto il patrocinio ed il contributo dell’Ucei. La Comunità Ebraica di Milano ha aderito con molto entusiasmo e il nostro più grande ringraziamento va alla Fondazione Scuola che si è immediatamente attivata per trovare le risorse e ha permesso a quattro insegnanti della scuola Ebraica di Milano di diverse materie e grado di insegnamento di partecipare al corso: Alisa Luzzatto, Elisabetta Nolli, Martina degli Agosti e Raffaella Scardi.

Il rapporto con le giovani generazioni sui temi della Shoah sta cambiando in questi anni?
In realtà i ragazzi si dimostrano sempre estremamente ricettivi: ebrei e non ebrei, i giovani ascoltano con estrema partecipazione i Testimoni della Shoah. Ne colgono la loro forza d’animo e il loro messaggio educativo nel contribuire a costruire una società migliore. La collaborazione con lo Yad Vashem è fondamentale per portare esempi positivi: i giusti sono alla base di una società giusta, dove le persone compiono la scelta di salvare altre persone perché il mondo sia migliore.

Ripeterete l’esperienza?
Certo e ci auguriamo di farlo sempre con il sostegno della Fondazione! Anzi il progetto è di continuare nei prossimi anni a proporre corsi estivi a Yad Vashem ampliando il progetto con un corsi di secondo livello per gli insegnanti che abbiamo già formato negli anni precedenti visitando e studiando nei luoghi della Shoah in Europa.